Scarabocchi fantasy!

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Moderatore: nihal87

Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Kyros&Elena » 06/09/2011, 17:28

La mia non è una storia finita e non so nemmeno se lo sarà in poco tempo. Non è un racconto breve, dovrebbe poter diventare una specie di "libro" anche se solo la parola mi spaventa alquanto. Ho notato che tutti hanno già ben in mente un impianto della storia, un titolo, perfino le immagini...Io invece sto provando a scrivere diciamo e ho deciso di partecipare a questo forum per saperne di più.
Ma adesso parliamo della mia storia per ora ancora senza titolo...(sperando di essere chiara...)


La protagonista della storia, o meglio, quella il cui punto di vista predomina, è Elena. Elena è una mezza elfa. Figlia di un amore proibito tra sua madre Asia, un'elfa, e suo padre Cassian, un umano. Per questo amore il padre è stato esiliato e sua madre è stata uccisa. Elena dunque non appartiene a nessun popolo. Ma Elena è anche una dei Quattro. Cosa sono i quattro? Nessuno sa bene neanche se sono quattro, ma hanno condizionato la storia di tutto il mondo per il solo fatto di esistere. Il mondo di Elena è un mondo costruito su equilibri, in cui vige una profonda fede nella Legge. Due sono i popoli che si sono sviluppati come vere e proprie civiltà. gli Elfi e i Maghi, le altre creature partecipano raramente a queste "costruzioni", vivono in uno stato pre-civile, intimamente legati al mondo della natura. La storia dei Quattro si intreccia con questo bisogno di "controllo" che le due grandi civiltà tentano di esercitare sul mondo. Apparve ad un certo punto della loro storia, come dal nulla, una Sfera. Essa conteneva un immenso potere. Il potere dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Nessuno riusciva a controllare tali poteri, la sfera rimaneva un mistero per tutti, sfuggiva ad ogni controllo, ogni equilibrio che si potesse immaginare. E una notte, la notte che, per "orrenda" colpa dei suoi genitori, nacque Elena la sfera si ruppe. E lei ereditò quei poteri. Gli elfi decisero di salvarla, di evitare che venisse uccisa e allo stesso tempo di celarla al mondo, perchè nessuno sapeva quanto potesse essere pericolosa: e così si esiliarono volontariamente. Posero un Sigillo e crearono un mondo a parte per Lei. Ma Elena non era la sola ad aver ereditato quei poteri. Lo scoprono a cose già fatte, quando l'esilio è già in atto. Hanno scovolto qualsiasi legge, qualsiasi equilibrio fino ad allora conosciuto, ed Elena non era la sola. Elena e gli altri nati quella notte sono profondamente collegati tra di loro, le loro menti si completano e si fondono. Si cercano. Elena avverte questo legame, ma non sa da dove provenga. La storia inizia nel momento in cui ad Elena vengono spiegate le motivazioni profonde dell'esilio. Viene inviata dall'altra parte per poter spezzare il Sigillo e conoscere un altro di quelli nati con lei, Dias, un mago. I due si prendono del tempo per conoscersi e per conoscere un mondo che gli ha separati alla nascita e che ha paura di loro. I due non possono sfiorarsi. Le loro menti si completano e si cercano, ma nel momento in cui si toccano l'energia esplode. Hanno un dono innato: creare e distruggere. Ogni elemento ha le sue proprietà e creare è una di queste e si può controllare.Ma qualcosa in loro avvia questo processo inconsapevolmente. Incontrano personaggi e vedono il mondo, studiano l'arte magica...Vogliono ritardare il momento in cui spezzare il Sigillo. In realtà quello che vorrei mostrare è la loro completa estraneità ai giochi che avvengono loro malgrado. Nessuno gli dice che spezzare il Sigillo significherà Guerra tra maghi ed Elfi, nessuno dice ad Elena che c'è un terzo, un terzo che è destinato a lei, ma che è ancora più pericoloso del creare e distruggere che provocano lei e Dias. Il terzo è Kyros. Kyros ha ereditato per via traverse, il potere suo e di suo fratello e dunque è anche il quarto. Kyros è il più pericoloso, perchè è destinato ad Elena, entrambi sono destinati ad innamorarsi, ma se mai dovessero sfiorarsi, uno dei due morirebbe. Ed ecco il punto. Salvare uno dei due. E si creano delle fazioni, tutto per tenerli separati. Per evitare che uno dei due muoia. Gli elfi e i maghi pur di salvare Elena, saranno disposti ad uccidere Kyros. Kyros che invece viene protetto da uno sparuto gruppo di maghi ed altre creature che si oppongono anche alle Legge.
Sono pedine nei giochi politici di un mondo diverso. Eppure riusciranno ad incontrarsi per via del legame delle loro menti. Kyros sa tutto. Elena non sa nulla. Si sognano e si innamorano davvero. Kyros decide perfino di farsi uccidere pur di salvare il suo popolo e anche Elena....


Diciamo che questo per sommi capi è un po' il riassunto di quello che ho in mente...Ora sono indecisa sul da farsi. La storia fino a dove sono arrivata sarà 80 pagine...Pubblicarla? oppure pubblicare qualche stralcio e avere i primi commenti e soprattutti i lettori? :-P :-P :-P


"La pelle diafana che non era mai stata così bianca, i suoi occhi grigi e grandi ricolmi di musica. Era bellissima. Forse più di una semplice elfa. Per quella mescolanza che c’era in lei, quelle orecchie a punta che erano di un’elfa e quella pelle così chiara, era bella come una cosa che non appartiene a nulla, che si appartiene solamente. Come la sua voce,quella sera così diversa, superava tutte le melodie ascoltate fino a quel momento. Chi era Elena? "
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Tremalnaik » 06/09/2011, 17:46

La trama è abbastanza complicata da interessare, la fantasia, che io non ho, a te sembra non mancare. Vai avanti :!:
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Kyros&Elena » 06/09/2011, 17:51

Si lo so poi da spiegare è ancora più difficile perchè ho proprio riassunto all'osso. Ci sono ovviamente altri personaggi e storie che si intrecciano. è che è la prima volta che faccio leggere qualcosa di mio a qualcun altro e farlo con persone appassionate di questo genere è più difficile di quanto pensassi.
Cmq grazie. :-P :-P mi hai dato il coraggio di pubblicare almeno l'inizio! così potrò avere commenti anche sul mio modo di scrivere :-P



Occhi chiusi. La sensazione del sole sulla pelle, quel leggero tepore appena percettibile. L’erba che le solleticava le braccia scoperte su quel manto di verde. Una goccia che chissà da dove veniva. I rumori della terra. Il passo delle formiche, l’avanzare delle nuvole nel cielo … Il suo respiro nell’alito di vento di quel pomeriggio. E le sue dita, il tremore che cominciava e non si fermava. Una specie di prurito, la consapevolezza di quell’energia. Cercava di ignorare quella sensazione, ma ad ondate le invadeva la mente. Non riusciva a liberarsene mai del tutto. E stare con gli occhi chiusi così la rendeva solo più attenta a quello che le succedeva dentro. Da qualche parte. Aprì gli occhi e si sedette a terra con le gambe incrociate. Non si voltò. “Cosa mi prende?” La sua voce era quasi isterica. Eveline, sua nonna, con un fare dolce e solenne insieme si mise a sedere accanto a lei. “Elena… Io credo di saperlo… Ma non posso dirti nulla di più, come sai …” Elena chiuse gli occhi e respirò a fondo, poi gli riaprì, erano liquidi. “è la stessa cosa di sempre..” “è quello che sono …” Il tono della nonna era sempre composto,non credeva di averla mai vista neanche vagamente irritata o perfino stizzita. Sempre composta. Una statua di granito. Si chiedeva da dove provenisse la sua agitazione, quella fragilità che la pervadeva fino nel profondo. Che le faceva luccicare gli occhi dalla rabbia. “Da tuo padre …” Elena si voltò di scatto verso Eveline, gli occhi grigi improvvisamente guizzanti. Era sorpresa. Come aveva fatto sua nonna a..? “Lasci andare troppo i tuoi pensieri… Essi sono i fili di un gomitolo … Se non lo tieni ben aggrovigliati diventa fin troppo facile seguirne il corso … Devi avere sempre il controllo del corpo e della mente. Soprattutto della mente… Una mente distesa è una mente che si può catturare, invadere e plasmare.” Elena non capiva, i suoi dubbi fluirono alla nonna. Eveline sorrise. “la nostra mente è un sentiero di pensieri che si rincorrono…Cosa pensi quando pensi ad un pensiero?” Elena guardò davanti a sé, attenta. Adorava le spiegazioni di sua nonna. Il tono della sua voce così composta e inesorabile. Sembrava parlasse una forza misteriosa della natura quando le insegnava qualcosa. Lei se ne stava lì e la ascoltava. Faceva lavorare la sua mente come avrebbe voluto saper fare anche autonomamente. Era ancora troppo giovane per la scuola. “Non so dargli una forma…” Sua nonna annuì “è l’errore più comune che si compie. Siamo abituati a concepire i pensieri come semplici fluttuazioni incorporee della nostra mente. In realtà essi sono flussi. Flussi di noi. E come tale lasciano un segno, sono concreti, hanno una parte di materia che non si percepisce ma muta ciò che ci sta attorno. Come una presenza. Ma molto più flebile. Alla stregua di un respiro leggerissimo o di un alito di vento. Quando si fanno imponenti e decisi o insistenti la loro consistenza si fa molto più individuabile. Non ci sono pensieri che si lascino andare che non si possono catturare.” Eveline si sfiorò la testa con le mani e come se stesse seguendo il profilo immaginario di una trama nell’aria con le dita coperse lo spazio che divideva la sua fronte da quella di sua nipote. Non la toccò, si fermò a pochi centimetri della sua pelle. “Concentrati…” Elena annuì. Sentiva l’aria attorno a sé,vedeva le dita di sua nonna. Vedeva gli occhi di Eveline poco più in là, le sue vesti, sentiva quello che stava intorno a loro due. “Vai più fondo, scava dentro quello che è percepibile…Le illusioni non sono solo alla superficie del visibile.” Elena sospirò e cercò di sgomberare la mente. Improvvisamente il mondo si fece silenzioso, era come se vedesse solo le dita di sua nonna e poi…Non lo vide, ma poteva individuarne la forma, era qualcosa di tenue e fragile, aveva quasi paura ad avvicinarvisi, distese la mente lentamente, poi lo fece spinse il confine di ciò che avvertiva, forzò di poco quel confine, fu come se un muro vacillasse ed ebbe la sensazione di qualcos altro di invisibile in mezzo a loro due, nel ponte di aria che le separava, non avrebbe pensato ad un filo, ma ad una scia di fumo, la catturò e solo allora fluì l’immagine di un sorriso della nonna. Ebbe un piccolo sussulto e perse quella sensazione. Sua nonna abbassò le mani e stava sorridendo davvero. “La tua velocità nell’apprendere… Comunque … Era quello che hai sentito. Solo che sono stata io a mostrarti la via. Imparerai a sentire quello che cerchi e ad avere sempre il controllo di quello che ti avviene intorno. Imparerai a non intrufolarti dove non devi. A non spingerti nei meandri di altri pensieri, perché potresti essere catturata. È una disciplina oscura quella dei pensieri. I pensieri sono flebili e tenaci allo stesso tempo. Impotenti e carichi di energia. Non abusarne e non trattenerli. Ma allo stesso tempo sii tu padrona del loro districarsi. Non lasciarli andare.Mai Elena. Le menti sono un fatto personale” Elena annuì. Rimasero ancora un po’ lì, al sole, le loro menti una di fianco all’altra. Quella di Eveline impenetrabile e quella di Elena che abbracciava ciò che c’era attorno, si aggirava nel mondo, circospetta, inquieta. Eveline sorrideva e la ascoltava in silenzio come aveva sempre fatto.
Quando Eveline andò via Elena era completamente assorta nei suoi pensieri . Si sentiva inquieta in quel periodo, aveva sempre un leggero formicolio alle mani, non aveva mai provato una sensazione simile. Sentiva il bisogno di usare la magia, era un imperativo dentro di lei, una ruggito interiore. Non riusciva a controllarsi ed era come se sentisse una misteriosa forza che la agitava. Era lei che le portava quel formicolio, avrebbe saputo dire la direzione di dove venisse quel richiamo di energia che sentiva. Non aveva mai provato una sensazione tanto forte in vita sua, c’erano momenti in cui era completamente pervasa. Sua nonna sapeva il motivo. Le apparve un sorriso rassegnato sulle labbra: Eveline sapeva tante cose di cui era proibito parlare. E poi perché questo mistero? Era una cosa che riguardava lei infondo…Si passò una mano nella massa di capelli neri, non sapeva perché ma quel gesto la calmava, come se raccogliesse i suoi pensieri e le desse un attimo di respiro. La sua pelle diafana al sole, i suoi occhi grigi, come li definiva lei, di un indefinibile colore tra l’azzurro e il verde cupi, a volte sembravano vitrei.Si guardò le mani, sentiva il formicolio aumentare lievemente, stava risalendo il braccio. Non era fastidioso, solo non riusciva a capire. Ah, la sua pelle! Così chiara! Dov’era la pelle scura di sua nonna? Quanto l’avrebbe desiderata? Probabilmente, anzi sicuramente avrebbe conosciuto un mondo diverso, avrebbe conosciuto i suoi genitori…sarebbe stato tutto banale, normale… Ogni volta che aveva la consapevolezza del colore della sua pelle non poteva non pensare a quello che significava, sentiva la punta delle sue orecchie nascosta dai suoi capelli…Così simile se non fosse stato per quel particolare, come un marchio. Solo lei aveva quella pelle così chiara tra la sua gente, solo lei: la mezza elfa. Cosa significa esserlo l’aveva scoperto fin troppo bene e l’avevano dovuto imparare a sopportare anche gli altri. In realtà a nessuno sembrava importare, ma se erano lì, se…Il sigillo…Si passò di nuovo la mano tra i capelli…Non voleva agitarsi. Il formicolio sembrava sentire le sue emozioni e impadronirsene, poteva ghermirla da un momento all’altro se non si fosse calmata. Fece un respiro profondo e scacciò quelle considerazioni dalla mente, ma con scarso risultato..Le tornava in mente l’idea del sigillo. Il sigillo, che l’aveva salvata e intrappolata. Il sigillo…Il sigillo che non si avvertiva, ma per chi aveva conosciuto il mondo prima di lei? Com’era? Cosa sentiva? Lo rimpiangeva il mondo di prima? Il formicolio ormai aveva invaso tutto il suo corpo e più si muoveva sul suo corpo più lei veniva rapita da quei pensieri che non poteva esprimere a voce alta, tutta la sua angoscia, la sua tristezza, lì. Non sapeva più se era lei a permettere al formicolio di dilagare nel suo corpo o se fosse questi a invadergli la mente e a farle perdere il controllo. Non sentiva più il sole sulla sua pelle, sentiva solo questo formicolio e brividi come scariche elettriche nel suo corpo. Nella testa come una direzione, un sentiero da seguire, si sarebbe voluta alzare e avrebbe voluto seguire quella direzione, assecondare tutto. Era stanca di combattere se stessa. Non capiva. Respirava a fatica ormai. “Elena!” Era la voce di Zell, ma era come se venisse da lontano, si accorse di non sentire più alcun rumore. Poi improvvisamente la mano di Zell le afferrò il braccio e la scosse e lei tornò immediatamente in se, il formicolio si disfò, come se si fosse infranto. Elena aveva il respiro affannato, guardò Zell e chiuse per un attimo gli occhi. Era sottosopra ma stava riprendendo il controllo su se stessa. “Elena stai bene?” Annuì debolmente “Elena…dov’è tua nonna?” Elena deglutì, mosse le dita della mano, si passò una mano tra i capelli e respirò ancora a fondo. Zell vide i suoi occhi da vitrei che erano diventati rischiararsi e tranquillizzarsi, prendere di nuovo colore e diventare di quel consueto colore indefinibile e la consueta profondità. Fu stranissimo e affascinante insieme. La fissava senza sapere cosa dire. “No…Sto bene…” La voce era flebile, sembrava terribilmente stanca. “Sto bene ora…” Zell le spostò i capelli dal viso e la guardò prepotentemente in quegli occhi ora come li aveva sempre conosciuti. “Sicura?” Non servì che Elena rispondesse, i suoi occhi erano la risposta. “Cosa è successo Elena?” Zell era venuto come ogni pomeriggio faceva, per poi andare insieme da Ja-al. “Non lo so Zell…” Sembrava sconsolata. Zell capì che non voleva parlarne. L e tese la mano e la condusse lui per quel pomeriggio.Non appena le sfiorò la pelle sentì che era più calda del solito ma le disse nulla. Lei camminava al suo stesso passo. Aveva preso a parlare come sempre e sembrava perfino allegra. Ma Zell avvertiva una strana tensione che proveniva dal suo corpo, come una forza sconosciuta che la ghermisse. Non ne parlò, ma la osservò con attenzione. Sembrava irrimediabilmente stanca. Giunsero quando tutti erano già seduti sul pavimento di pietra calda. Zell e Elena adoravano quelle adunate, sedersi sulla pietra calda all’ora che il sole tramontava. Tutti insieme. Tutti quelli della loro età. Erano ancora troppi giovani per la scuola di preparazione. I giovani elfi dovevano prima “imparare la natura” e la meditazione e solo giunti all’età di 25 anni potevano cominciare a studiare l’arte della magia nella sua interezza. Quando i loro corpi e le loro menti si fossero sviluppati pienamente. Ja.al usava dire “Quando il vostro passo non ferirà la terra e saprete leggere la natura”. Ja-al aveva più di duemila anni, era uno dei più anziani elfi che erano sopravvissuti alle antiche guerre. Aveva assunto il ruolo di guida della giovani menti. Aveva un voce suadente, non sembrava anziano, solo gli occhi erano di una profondità e di una luce che non si potevano descrivere. Elena nel guardarlo ne veniva ogni volta colpita. Qualche ruga attorno ai suoi occhi erano tutti i segni che l’età aveva depositato su di lui. Portava i capelli molto lunghi, in testa aveva una nastro che cingeva la fronte, ricordo dei suoi trascorsi da guerriero e in mano aveva sempre un bastone nodoso, si serviva di quello per liberare i suoi incantesimi. Ormai il suo corpo non poteva sopportare sovraccarichi di magia. Lasciava che un po’ del suo potere si disperdesse lungo i nodi del suo bastone e nonostante ciò conservava una forza indomita. Elena non lo sapeva ma molto spesso gli occhi Ja-al la raggiungevano in mezzo alla folla, la sua mente accarezzava i suoi pensieri. Lei avrebbe dovuto apprendere molto più degli altri e sarebbe arrivato il momento che Ja-al avrebbe dovuto insegnare qualcosa a lei sola. Ogni adunata pazientemente Ja-al dilatava la sua mente e saggiava quella di lei, in attesa che lei fosse pronta. Ignara doveva essere perché la sua preparazione fosse stata pura e spontanea. Quella sera Ja-al fu sorpreso dal cambiamento avvenuto. Non trasparì nulla della sua sorpresa sul suo viso e nella luce del tramonto guidò le menti di quei giovani prima nel passato e poi deviò bruscamente sul presente. All’unisono chiusero tutti gli occhi e cantarono, come solo gli elfi sanno fare, alla natura. I colori che si erano spenti nella notte acquistarono il germe per poter ritornare il giorno seguente, le piante bevvero del loro canto e loro bevvero di quella unione. Elena sentiva sempre una tristezza infinita quando cantava alla terra. Non cantavano a tutto quello che c’era da cantare, una parte del mondo non poteva ascoltare, in qualche modo la natura non si dischiudeva completamente a loro. Era come ferita. Era immensamente triste quella lontananza, che si acuiva in certe note, il dispiegarsi di una tragedia, il tradimento degli elfi era presente lì, nella delizia che in certi tratti mancava. Si chiedeva come fosse stato allora cantare prima del sigillo, quali delizie, quali suoni, quali colori vi fossero. A volte avrebbe voluto fermare tutto e piangere di quel tradimento. Il rapporto che gli elfi avevano con la natura era un rapporto che non aveva paragoni. Loro imparavano dalla natura e la natura si nutriva del potere che le loro menti veicolavano. Le voci dei giovani elfi di ogni generazioni si erano da sempre distese nel mondo e avevano donato un po’ di quel potere alla natura. La natura aveva bisogno di quella magia così diversa da quella che poteva succhiare dalla terra stessa, una magia che sapeva di spirito e no di sola materia.Elena si chiedeva se la sua voce risultasse dissonante in mezzo a quelle voci di elfi,se anche le sue note erano note da mezza elfa, quali sfumature di colori rappresentava una mezza elfa? Zell accanto a lei cantava con una voce squisita, come tutti gli altri del resto. La sua voce era all’altezza? Quando la notte era già profonda e le luci della città arrivarono a rischiararli cessarono il loro canto. Elena nel mentre aveva cantato si era dimenticata il suo formicolio. Non lo aveva mai provato. Ja-al aveva parlato dell’essere altro mentre si cantava, ma non l’aveva mai provato, fino a quella sera. A volte aveva creduto di esserci riuscita, ma non aveva mai potuto fino a quel momento dimenticarsi del suo corpo. Ja.al aveva detto tempo addietro che il corpo si dimentica solo quando c’è la negazione dello stesso, ma che questo è solo il primo passo verso essere altro. Perché il corpo si può negare per tanti motivi sbagliati. “Controllo…Controllo di voi” Non ripeteva altro. Zell e gli altri avevano un viso appagato dopo aver cantato, sembravano allo stesso tempo più giovani e più antichi. Elena era tormentata dal continuo domandarsi se quelle cose così elementari per ognuno di loro erano identiche anche per lei. Se anche lei condividesse davvero tutto ciò. Si sentiva certamente più forte in quel momento. Zell non dovette offrirle il braccio. Non lo fece nemmeno. Per sesto senso. Gli elfi ne erano imbevuti.
La notte era bellissima. Giunsero per le strade della città in silenzio come sempre, parte anche questo della tradizione. Elena come sempre si soffermò a guardare la strada illuminata. Sottili bastoni piantati ad intervalli regolari sul ciglio della strada. Alla sommità rami e foglie di edera in un complicata architettura e dentro un cuore pulsante di luce bianca, purissima. Era stato il loro canto ad accenderla. Vibrava, turgida, nel pieno del suo splendore, si sarebbe consumata lentamente fino al mattino. Elena ricordava ancora da bambina lo spettacolo delle strade che si accendevano insieme al canto che si spandeva per le strade. Loro dalla radura non avevano la percezione di ciò che avveniva, ma la vibrazione del loro canto attraversava lo spazio lentamente e come un’onda si dilatava a partire da loro. La città era disposta a cerchio intorno alla radura e prima si spegneva e poi improvvisamente incessantemente cominciava ad illuminarsi. Camminare per le strade a quell’ora era vivere una poesia. Aveva una strana sensazione a pensare che ora la sua voce era una delle protagoniste di quella stessa poesia che l’aveva rapita ogni notte quando era piccola. “Sembri assorta!” Elena si ridestò dalle sue distrazioni. “Sai che effetto mi fa ogni volta…” Zell sorrise “è come se ogni volta fosse una cosa nuova per te…Per un elfo credo sia così naturale che perde la capacità di stupirsi… Una parte di te invece rimane sempre come un’estranea e ogni notte si sorprende.” Elena guardò Zell sorpresa da quelle parole, in quel momento le parve di vederlo adulto, composto, come tutti, come sua nonna. Così inafferrabile e così intuivo.Aveva parlato con quel tono che avevano tutti gli elfi di una certa età, fuori dal tempo, una voce remota, distaccata e terribilmente affascinante e penetrante. “Perché mi guardi così?” La sua voce era ora quella di sempre, quella a cui Elena era assuefatta dal tempo che avevano trascorso insieme. Pensò che fosse stato un effetto della canzone, in effetti Ja-al diceva che la musica era un veicolo per conoscersi, arricchirsi e addentrarsi nell’universo. Zell stava diventando un adulto. E lei? Decise però di non parlagliene. “Come così? È tutto a posto! Ora vado a casa…A proposito ricordami domani di farti vedere una nuova cosa che mi ha mostrato Eveline!” Non la chiamava mai nonna in presenza di altri, era un segno di rispetto chiamare un elfo o un’elfa con il suo nome. “Vorrei che anche Ismel mi addentrasse nella magia come fa Eveline con te..” Elena soffiò sul palmo della mano e si voltò. Quello era il loro saluto. I contatti fisici tra gli elfi erano molto rari. Erano permessi solo ad un profondo livello di intimità e conoscenza. L’individualità del corpo e della mente di ognuno di loro rappresentava una delicata rete di equilibri che ogni elfo era molto geloso di preservare. Solo la prfonda amicizia, i legami familiari e il vero amore povero arrivare a scuotere le loro persone. Solo qualche secondo dopo Elena si voltò e tornò indietro. Zell la aspettava fermo sulla strada. Sorrideva. “Mi hai toccato!” Zell annuì. “è stato istintivo, eri sconvolta. Volevo scuoterti.” Elena arrivò di fronte a lui, con il suo passo leggero. Con quella luce Zell non faceva nessuna distinzione tra il suo colore della pelle e quello di lei. Avrebbe detto che era un’elfa se non sapesse il contrario. Lei si sentiva differente. Nel suo intimo lo era perfino. Ma non si sarebbe detto. Gli stampò un bacio sulla guancia. Zell sorrise e capì in attimo. Le mancava quella compostezza tipica di loro elfi. Zell arrossì leggermente. Elena anche. “è strano vero?” e poi quella sincerità disarmante. Gli elfi sapevano mentire benissimo. “Non ci siamo mai salutati così…Ci faremo l’abitudine…” Elena alzò le spalle “Io trovo carino mandarti il bacio su di un soffio…” Zell alzò gli occhi al cielo “Sei disarmante lo sai?” Si separarono di nuovo, segretamente molto felici entrambi dell’accaduto.
Sua nonna era seduta vicino al fuoco, scriveva assorta. Elena le si sedette accanto e attese in silenzio che lei cessasse di scrivere. La casa, come tutte, era fatta di argilla e di petali di ciliegio. Ogni rione della città aveva scelto un fiore o un particolare tipo di fiore con cui costruire le case, così che la città era essa stessa una strana varietà di bosco. Ogni casa aveva affianco l’albero di appartenenza e la cosa straordinaria era come anche i disegni sul muro assecondassero il ciclo delle stagioni. Adesso nello splendore di giugno era puntellato di fiori. Poi si sarebbe ricoperto di piccole ciliegie rosse . L’interno era tappezzato di legno, emanava un calore come solo il legno può fare. Le piaceva perfino l’odore che emanava,mischiato al pavimento di erba. Sua nonna si accorse subito della sua inquietudine più profonda. “Dimmi tutto Elena!” Elena non riusciva ad abituarsi a quell’acume, a volte avrebbe voluto essere meno penetrabile. “Imparerai a dominarti. Ora dimmi …” “è successo ancora. Mai come oggi. Non so cosa mi succede.” Tutta la tranquillità che aveva riacquistato con la musica si dissolse nel ripensare a quella sensazione. Ricominciò la sua agitazione. “Dimmi cosa mi succede …” Eveline aveva l’aria stanca, sembrava sul punto di confessare. I suoi occhi neri sembravano distanti. Non perse nemmeno un grammo della sua compostezza. I capelli legati le davano un’aria quasi severa a volte. Credeva di non averla mai vista con i capelli sciolti, eppure dovevano essere lunghissimi. Neanche il suo viso era segnato dall’età, Elena non conosceva nemmeno la sua vera età. Sua nonna era così riservata! “Elena…Devi attendere ancora…Non sono io a poterti parlare…” Levò i suoi occhi sulla nipote, erano pieni di lacrime non versate “Non sai quanto vorrei...Elena…” “Sono io a dovertene parlare!” Eveline ed Elena sobbalzarono all’unisono. La voce era arrivata da qualche punto della stanza, ma non c’era nessuno. Il fuoco scoppiettò un po’ più forte e una brace cadde in mezzo alla stanza. Vibrò un attimo e sembrò diventare liquida, da quella singola brace si levarono miriadi di goccioline che disegnarono una sagoma nella stanza, una mano sembrò “aprire” quell’involucro e Ja-al fece un passo avanti davanti ad Eveline ed Elena, che guardava stupita quella scena. La sagoma liquida sembrò essere risucchiata dal pavimento e si dissolse in una piccola scia di vapore. “Le tue entrate sono ancora d’effetto!” Eveline conosceva da Ja-al da molto tempo. “Non si può entrare nella casa della custode senza un certo grado di maestria…” Elena se ne stava in silenzio. Guardava Ja-al con aria di volersi saziare di quei momenti.Cosa avrebbe imparato da quell’uomo? Gli sembrava una fonte inesauribile di informazioni. Di solito lo osservava dalla fila dei ragazzi come lei, averlo lì, in piedi,le sembrava inverosimile. Ja-al sembrava un personaggio più che un essere reale.E poi…Come aveva fatto? La fluidità di quella magia era davvero strabiliante. La materia era plasmata da Ja-al stesso, non era solamente un tramite. Eveline fece alzare Elena e quella istintivamente fece un inchino. Ja-al si mise a ridere, Elena non lo aveva mai ascoltato ridere. La risata degli elfi era acqua che gorgogliava, ma quella di Ja-al era qualcosa di ancora più semplice, primordiale e musicale allo stesso tempo.La sua età si mostrava in tutto il suo splendore. “Non ce ne è bisogno Elena. Non essere intimidita dalla mia presenza. Stasera sono qui per te. “ Elena aggrottò le sopracciglia incredula. “Per me?” Sapeva bene che i colloqui con Ja-al erano considerati una vera e propria fonte di ricchezza. Ja-al annuì “Questa notte mi ascolterai come fai al tramonto…Eveline con il tuo permesso!” Eveline si inchinò e Ja-al tese la mano ad Elena, quella cercò il consenso dei suoi occhi e poi posò la sua in quella di Ja-al. Egli con l’altra mano battè il bastone due volte a terra ed Elena sentì una sorta di vento sulla faccia, non distinse le immagini che le scorsero dinnanzi agli occhi in attimo, quando ebbe il tempo di battere ciglio erano affondati nella notte più nera. Sentiva l’acqua scorrere accanto a loro. Sollevò gli occhi e una distesa di stelle punteggiava il cielo. “Fai luce Elena.” Non protestò. Non sapeva cosa fare. Non voleva stupirlo e neppure sembrare un’incapace. Chiuse gli occhi e aprì il palmo della mano nel buio. Fissò il fiume e vide la luna riflettersi nel pallido torrente, Con lo sguardo passò dall’acqua al palmo della sua mano. La consueta onda di magia le attraversò il corpo. E tutti i riflessi sul letto del fiume come piccoli cristalli di luce,confluirono sulla sua mano. Vi soffiò sopra e la luce divenne più intensa, aveva quello stesso riflesso argentato delle stelle. Sfilò il palmo della mano dal globo di luce e la scarica di energia nel suo corpo sembrò vacillare per un momento e poi perdersi. Ora vedeva il volto di Ja-al, poco più in là, il fiume gorgogliava in una macchia nera, perché tutta la luce continuava a fluire nel piccolo globo. Ja-al annuì “Sapevo che eri pronta…” Elena sorrise Ja-al le fece segno di sedersi. “Questo luogo Elena non ha nulla di speciale. L’ho scelto per la sua discrezione. Quello di cui stiamo per parlare è un argomento molto delicato…Elena…cosa sai della tua storia?” Elena guardava Ja.al, lui proprio come nelle adunate continuava a stare in piedi e fare qualche passo quando camminava. Guardava a tratti come lontano e a tratti raccoglieva i suoi occhi e folgorava gli astanti con la loro particolare espressione. “So quello che mi è stato raccontato…Che si è stabilito mi si potesse raccontare.” Ja-al sorrise all’audacia della ragazza. “Raccontami la tua storia Elena, tutti i buchi che vuoi riempire. Raccontami di te come io vi racconto il passato e come vi insegno il presente. Tutto c’ho che sai…Anche se io già so.” Elena annuì, era impacciata. Avrebbe tanto voluto sapersi controllare in quel momento. Cominciò il suo racconto con una voce titubante, poco coinvolgente, poi man mano si lasciò prendere da quello che sentiva, le parole le fluirono dalla bocca e capì perché Ja-al amava tanto raccontare e raccontarsi, c’era insieme un senso di liberazione. “La mia storia comincia dalla mia pelle chiara e dalle mie orecchie a punta. Comincia da questa naturalezza con cui anche se non mi è stata insegnata la magia mi scorre dentro, senza distinzioni. Io non ho un elemento come tutti gli altri. Io sono gli elementi. Acqua, aria, terra e fuoco si agitano in me. Li posseggo e loro posseggono me. L’origine di questi miei poteri mi è oscura, vi alleggia una strana reticenza da parte di chiunque a cui io chieda, soprattutto ad Eveline. Che è l’unica a non poter ignorare, lei la custode del Consiglio. La sua mente è uno scrigno dei segreti degli elfi di sempre, ha ereditato quelli che non ha potuto contribuire a creare e ne ha accumulati tanti nel corso della sua vita. L’unica cosa che so è che l’amore dei miei genitori fu un amore proibito. Mai vi è stato un amore come il loro, un’elfa e un mago. Cosa gli univa? Da loro nacqui io…E mio padre fu esiliato e mia madre avvelenata da una mano oscura, perché ciò che avevano fatto aveva turbato qualche equilibrio. Non so perché i miei poteri sembrarono così spaventosi, né perché dovetti essere salvata, ma di là, la mia storia appena incominciata si intreccia a quella del sigillo. Gli elfi decisero di ritirarsi dal mondo. Di proteggersi di un muro invisibile che gli avrebbe isolati dal mondo intero. Una salvezza e una trappola. La mia storia nasce con quella del sigillo. Io sono la causa e la prigioniera del sigillo stesso. Un sigillo che può essere spezzato solo dal Consiglio. Il sigillo che è una cerniera sull’altro lato del mondo, una barriera impenetrabile che non lascia uscire uno della stirpe degli elfi e non lascia entrare qualcuno che non ne faccia parte. Sono cresciuta in questo mondo, solo questo è il mondo per me. La mia storia di oggi è incerta. Il mio corpo ha qualcosa che non va. Sensazioni che non so spiegare. Non ho domande impossibili. Vorrei sapere il perché della mia pericolosità, il perché di un salvataggio così drastico, il motivo per cui questa scelta non può essere mutata, cosa là fuori fa così paura? O sono io a far paura al mondo? Sono un’elfa? Cosa è invece di un altro mondo? Solo il colore così diafano della mia pelle?” Smise di parlare nel bel mezzo delle sue domande. Si era lasciata andare come sempre faceva, se ne pentì. Ja-al la osservava in silenzio. Ci mise qualche minuto a decidere cosa dire e in che modo. “Ad ogni tramonto, Elena, la mia mente si soffermava a scandagliare la tua. Improvvisamente sei diventata pronta,per questo. Lo è la tua mente e il tuo corpo. Quella che mi hai appena raccontato è la tua storia ufficiale. Quella che abbiamo dovuto raccontarti, ancora una volta per proteggerti. Sbagliando credo. Sei sempre stata di qualche passo oltre agli altri. Sentivo nella tua voce la voglia di essere come tutti e la sensibilità di andare nel profondo, hai avvertito quasi subito una certa tristezza nascosta nella note del nostro canto. Elena..è vero. Abbiamo tradito tutti. Ci siamo salvati, ti abbiamo salvato e siamo stati spregiudicati. Qualcosa nel mondo non è più lo stesso. Proprio noi abbiamo rotto l’equilibrio. Devi sapere che di questa conversazione ne sono a conoscenza pochissimi, tua nonna compresa. Lei è legata da un giuramento di sangue al Consiglio e non può rivelare nulla. Anche quello che vorrebbe, quello che avrebbe voluto dirti da sempre. Elena la tua storia ha inizio molto prima di te, perfino molto prima dei tuoi genitori. Sono rimasto l’unico a ricordarsi di quei tempi. Di quei tempi tanto lontani. Erano i primordi della magia Elena, era un mondo antico, che stava scoprendo se stesso e il potere di cui era fatto. Generazioni di uomini e altre creature erano vissuti senza magia. Improvvisamente essa si rese manifesta. Ciò che ti riguarda accadde una notte, ci sono tante leggende su quella notte, ma nessuno in verità sa quale sia la realtà dei fatti. Una sfera. Era più che altro un globo di energia. Era magnifico, continuava ad agitarsi e rimodellarsi continuamente, veniva percorso da sottili venature di luce di tutti i colori … Apparve dal nulla, chiunque si avvicinasse veniva preso dal desiderio di toccarla, ma non appena qualcuno vi poggiava anche solo un dito l’energia si ritirava e la parte superficiale si induriva, prendendo le sembianze di una sfera qualunque. Se mi chiedi di spiegarti, di dirti con certezza cosa fosse quella sfera non posso far altro che dirti che non lo so.Ci sono più punti oscuri che certezze su questa storia. All’interno vi era concentrata magia pura, se ne avvertiva la potenza, si distinguevano i vari timbri dei quattro elementi.Ancora sei giovane, ma ogni elemento ha un suo timbro, una sua particolare “frequenza”. Aria, acqua, fuoco e terra, costretti in quel piccolo spazio. Ricordo ancora la reazione della sfera ai vari elementi. Quando mi avvicinai si sentì chiaramente l’odore di legna bruciata e divenne improvvisamente di brace. Rimasi stupito.Per millenni si provò a incanalare la magia, con mille sortilegi si cercava di prenderne possesso: tutto inutile. La sfera sembrava dotata di vita propria. Come saprai, dalle lezioni che tua nonna segretamente da anni ti impartisce, allora tutti i popoli avevano una delegazione che rappresentava ogni singola specie, da quella apparentemente più insignificante, a quella più meastosa . La delegazioni di tutti i vari popoli si riunirono per decretare chi avesse avuto la custodia della sfera. La ebbero gli elfi, anche se ogni popolo decise di nominare un suo “custode”, la sfera apparteneva a tutti, non ad un solo popolo, così tutti sarebbero stati presenti. Da sempre simboli della moderazione e del rispetto degli equilibri intrinseci della magia e della natura gli elfi erano come i custodi “privilegiati”, ufficiali. Nella antica città di Lyla, si costruì un tempio…E la sfera seppe stupire tutti anche in quella occasione, prendendo come vita e attraversando lo spazio da dove era apparsa fino a depositarsi proprio nella nicchia che le era stata destinata. Gli altri prodigi ti verranno raccontati poi. Sto divagando. Ciò che più conta è che la notte che tu nascesti, dopo la travagliata storia dei tuoi genitori, il contenuto della sfera si frantumò e tu lo assorbisti. Si temette per lo sconvolgimento degli equilibri, si pensava che avresti avuto un potere inimmaginabile e che la soluzione sarebbe stata di nasconderti a chi voleva usarti, di nasconderti per sempre, di non farti mai conoscere fino in fondo il tuo potere. Il sigillo fu creato per trattenere gli elfi e eludere il resto del mondo ma anche per addormentare quella parte di te che non era della nostra stirpe. In parte è riuscito e una parte di te è addormentata, ma subito, dal tipo di potere che sprigionavi tuo malgrado, che sprigioni, tuo malgrado, ho capito che a volte la magia ha degli equilibri sui propri. Che nessuno di noi può influenzare. E non sapevamo nemmeno quanto ci sbagliassimo. Eravate quattro probabilmente a nascere quella notte di vent’anni fa..” Elena ascoltava senza muoversi di un millimetro, cercava di registrare ogni parola, ogni accento, cercava di non pensare in quel momento, di assorbire solamente quelle informazioni, di assorbirne quante più ne poteva. Gli occhi di Ja-al erano attenti ad ogni suo stato d’animo, avvertiva lo sconcerto, la sorpresa, perfino la rabbia. Quella ragazza aveva un mondo dentro che si agitava. “Vi attraete, l’uno con l’altro..C’è come una forza misteriosa che vi spinge nello stesso luogo, che tende a riunirvi. Non si sa cosa può succedere. Probabilmente l’energia che si sprigionerebbe vi ucciderebbe. Sai benissimo che la magia è qualcosa di estraneo al nostro corpo, che ci attraversa, che noi la incanaliamo ma non possediamo. Cosa succederebbe se un tale potere si riversasse su di voi? Capisci? È pericoloso…” Elena era inquieta ora. Quella sensazione di andare, quello stress “magico”che continuava a provare…Che fosse quella forza misteriosa di cui parlava Ja-al? “Si Elena… Il sigillo non è più una barriera sufficiente. Siete fatti per restare uniti e allo stesso tempo quel restare uniti è talmente pericoloso che il sigillo potrebbe essere davvero una soluzione..” Elena incrociò gli occhi di Ja-al “Sento che c’è un ma…” Ja-al annuì “Lo sarebbe se non fosse per quello che anche tu hai avvertito…Altri equilibri si sono rotti…Il mondo è mutato, ma non per sua scelta…il sigillo è stato un taglio netto, comprendi? Ha solo reciso e distrutto e non si intravedono cicatrici, è una ferita sanguinante. Eveline è in contatto con il mondo esterno e le piante stanno morendo Elena…Lentamente e inesorabilmente…E anche per noi sopravvivere qui non è più facile” “Perché mi dite tutto questo? Perché ora?” “Perché Elena, ora sei sulla soglia dell’età adulta, è ora che tu prenda possesso di te, di tutta te, capisci? Il Consiglio non ha mantenuto la parola e non ha deliberato in favore dello scioglimento del sigillo. Consegnerebbe il popolo elfico all’ignoto, non c’è più nemmeno il sostegno della congregazione…Eppure Elena alcuni di noi non sono d’accordo. Siamo in tre. Io, Eveline e Ismel. Un numero piccolissimo rispetto al Consiglio. Vogliamo opporci Elena. E tu ovviamente sei l’unica che può schierarsi.” “Schierarmi?Io che posso fare?” “Pensa a quello che sei Elena…Sei un’ elfa solo per metà, una parte di te è soffocata adesso. Non ne hai nemmeno la percezione, non l’hai mai conosciuta se non alla tua nascita. Tutto questo è stato fatto per salvarti, per permetterti di vivere con noi, come noi, di crescere come un’elfa. Ti sei sempre sentita diversa. Ma solo per un fatto esteriore. La tua vera diversità ci è ancora ignota, a tutti noi. Ma questo è anche l’unica nostra risorsa. Puoi sfruttare la tua metà, che io sveglierò, per uscire nel Mondo. In quello vero, senza barriere, senza sigilli, con il mare. Elena nessuno di voi nati nel sigillo può capire la bellezza del mondo al di fuori. Non potete sapere di come sono cambiati i colori…Ma sto divagando di nuovo…Il sigillo può essere rotto in due modi. Dall’esterno o dall’interno. Ma sempre da un elfo. Inizi a capire?” Elena capiva, capiva benissimo. Lei. Elfa solo per metà, così non-elfa da poter liberarsi da quella prigionia e così elfa per poter rompere lei stessa il sigillo di cui quegli elfi si erano fatti carico per lei. Annuì. Il suo globo di luce cominciava a traballare, la sua magia era poco condensata in quel momento. Era avvinta dai pensieri. “Mi dica cosa vuole questa notte da me…Una risposta?” Ja-al scosse il capo “La tua risposta la leggerò nei tuoi pensieri quando vorrai. La nostra comunicazione è avvenuta sempre così,solo che ora tu lo sai. Quando avrai deciso presentati alla piazza. Fino ad allora sei esentata dalle adunate. Che sia negativa o positiva.” Elena annuì di nuovo, non riusciva a fare altro. Cercò lo sguardo di Ja-al “Non ho ancora vent’anni … Perché mi avete reso partecipe?Perchè sono solamente l’ultima risorsa?” Ja-al sorrise all’acutezza di quella domanda. “No Elena … In realtà sei molto più adulta di quanto pensi.” Ja-al fece un inchino, tipico saluto che si rivolgeva solo a chi era degno di rispetto .Sparì così come era apparso. Elena chiuse gli occhi e il globo di luce si spense e di nuovo il cielo poté specchiarsi nel ruscello. Stese una mano con il palmo rivolto a terra. La corrente di aria che prese le mosse dal palmo di quella mano così nivea formò un piccola onda sull’erba che disegnò una specie di giacigli odi erba, come se la terra si rimodellasse al cospetto di quella parte di cielo che avanzava.L’aria e la terra che comunicavano. Elena amava usare la magia per avere manifesti gli equilibri dell’universo. Era comunicazione la magia, talvolta sottomissione ad una volontà o ad un potere più grande, altre libertà, ma non era mai sterile, modellava il mondo e si rimodellava essa stessa. Tutti loro erano solo tramiti, estranei a certe sottigliezze, a certe comunicazioni, solo ponti, tra due realtà che si compenetravano. Eppure Elena riusciva sempre a sorprendersi di quanto anche un gesto così semplice la arricchisse- Era ripreso il formicolio intanto, per beffarsi forse del suo improvviso bisogno di dormire. Non voleva pensare. Non voleva tornare indietro. Non voleva muoversi. Non voleva abbandonare il gorgoglio di quel ruscello come una musica, quel cielo nero. Era bellissimo trovarsi nel niente della notte, come se non esistessero altro che ombre senza importanza. La notte nera, che inghiottiva il resto. La sua signora. Che ancora per un po’ avrebbe fatto tacere i colori che Ja-al diceva così diversi e che allo stesso modo stavano tacendo altrove, che negava tutto, la sua diversità, la sua storia, le decisioni che doveva prendere. Amava la notte e decise di dormire nel ventre di quella notte di ebano. In mezzo a tutte le cose. Con la sensazione di essere nel bel mezzo del nulla.
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi gio » 03/11/2011, 17:49

Interessante! Mi piace questa Elena...
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Tremalnaik » 03/11/2011, 21:34

Peccato non si sia più fatta vedere :!: :(
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Kyros&Elena » 09/01/2012, 23:15

ecco...Sono tornata! Scusate la "sparizione"!!!! :-P
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Re: Scarabocchi fantasy!

Messaggiodi Kyros&Elena » 04/03/2012, 10:44

L'ultimo pezzo che ho lasciato qui era troppo lungo...Quindi ho deciso di farvi "assaporare"un piccolo pezzetino della mia Elena...questo accade molto avanti nella storia...ma Credo sia il punto in cui tutto di lei si scopre davvero....Lei è così!




Elena si svegliò sul dorso di Sawl, poco dopo, un po’ intorpidita e persa. Per qualche istante si aggrappò a Sawl senza dire nulla, troppo elettrica anche per proferire parola. Sawl comprese e tacque, portandola lontana dalla città, procedendo lento e sicuro attraverso la neve. Elena si lasciò dondolare e semplicemente respirava, altro avrebbe potuto ucciderla. Un’immensa tristezza l’aveva presa e senza sapere perché avrebbe pianto. C’era come un nodo in lei che non avrebbe saputo spiegare. Il bacio di Goran aveva risvegliato quella parte di lei che si sentiva inafferrabile e incomprensibile. Si portò una mano alle labbra, perché si sentiva così poco reale? Era come se qualcosa la dividesse dal resto, non lo sapeva spiegare con parole , ma c’era un punto di lei che smetteva di esistere nel modo consueto e le faceva male. Non era per i suoi poteri, lei sentiva in un modo diverso e c’erano momenti come quello che la potevano ferire con la loro concretezza. Lei era evanescente. Fragile e quasi irreale. Il bacio di Goran l’aveva ferita perché era concreto, vero, passionale, struggente. Perché il mondo era così complicato per lei? Aveva l’impressione che la sua anima di tanto in tanto apparisse fuori di lei e la avviluppasse. Viveva di quello più che del semplice esistere o della sua pelle, lei viveva attraverso gli occhi di qualcuno, per sensazioni che le giungevano da qualche parte, della consistenza dei suoi pensieri e delle sensazioni che la ferivano. Non avrebbe saputo dire se era un bene o un male, era penetrabile, le emozioni, la vita, la fendevano da parte a parte e la uccidevano ogni giorno con nuova forza e ogni giorno doveva trovare un equilibrio che non arrivava ed era preda dei suoi umori come i rami degli alberi del vento. Si sentiva come una poesia Elena, di quelle che il bianco dice più di quello che è scritto, si sentiva leggera come un velo e profonda come quel bianco, che confonde e illumina. Sentì l’agitazione di Dias premere da qualche parte nella sua testa e con delicatezza sfiorò quel punto che vibrava così forte, anche se avrebbe voluto rimanere con sé stessa per un periodo più lungo. Quello di Dias a volte era un richiamo che andava oltre la sua capacità di dominarsi. Riuscì a distinguere il momento in cui le loro menti presero di nuovo a fondersi e sorrise della grandezza di quel legame. Non ci fu bisogno di parole per spiegare lo stato di lei e quello di lui. Si fecero compagnia nel silenzio.
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