Fantaghirò Persona Bella

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Fantaghirò Persona Bella

Messaggiodi dumurin » 31/10/2011, 19:59

Ecco la celebre fiaba italiana Fantaghirò Persona Bella.

FIABA

Ai tempi antichi visse un Re che non aveva figli maschi, ma soltanto tre belle ragazze.
La prima si chiamava Carolina, la mezzana Assuntina e l’ultima Fantaghirò persona bella,
perché era la più bella di tutte.
Questo Re soffriva uno strano male che nessuno era mai riuscito a guarire, sicché,
pover’uomo, passava le sue giornate chiuso in una camera nella quale c’erano tre sedie,
una celeste, una nera e una rossa. Le sue figliole, quando andavano a trovarlo la mattina,
guardavano sempre su quale sedia s’era seduto. La celeste voleva dire allegria; la nera
significava morte; la rossa stava per guerra.
Un giorno le ragazze entrarono nella camera e videro il Re seduto sulla sedia rossa,
quella della guerra. Disse la maggiore “Signor padre, che cosa è successo?”.
“Ho ricevuto”, rispose lui, “una lettera del Re nostro vicino che mi dichiara guerra. Ora
non so proprio dove sbattere la testa. Malato come sono, non posso guidare da me il
nostro esercito. Dovrò trovarmi un buon generale ma non so proprio dove cercarlo, così di
fretta”.
Disse la maggiore: “Se lei me lo permette, il generale sarò io. Vedrà che sono capace di
comandare i soldati”.
“Niente da fare, queste non sono cose da donna”, esclamò il Re spazientito.
“Mi metta alla prova, la prego”, insistette la maggiore. “In ogni caso, prima di battermi
voglio andare dal nostro vicino per chiedergli qualche spiegazione e per vedere se
riusciamo a evitare la guerra”.
“E va bene”, sospirò il Re. “Ma se lungo la via ti comporti da femmina, tornerai
indietro senza protestare”.
La figliola accettò il patto. Il Re chiamò allora Tonino, il suo scudiero più fidato, e gli
ordinò di montare a cavallo e di accompagnare la Principessa alla guerra. Poi aggiunse:
“Bada, però, che se mia figlia comincia a parlare di cose da donna, tu dovrai riportarla
subito al Palazzo”.
Detto fatto, la Principessa e lo scudiero montarono a cavallo e partirono per il regno del
vicino, seguiti dall’intero esercito. Dopo un bel pezzo di cammino, arrivarono a un bel
canneto. “Che belle canne!”, esclamò la Principessa. “Se le avessimo a casa, sai quante
belle rocche potremmo ricavarne, per filare la lana”.
“A casa, a casa” gridò sull’istante il fido Tonino. “Lei si è lasciata sfuggire un pensiero
da donna”. E così tornarono a casa, portandosi appresso i loro mille soldati.
Il giorno dopo, andò dal Re la figlia mezzana, offrendosi di comandare lei la battaglia.
Il Re fece con lei gli stessi patti che aveva fatto con la maggiore e le mise alle costole il
buon Tonino. Partirono senza perdere un solo minuto, con l’esercito sempre dietro.
Davanti al canneto la Principessa tenne la bocca ben chiusa, ma quando passarono
attraverso un bosco di pali alti e dritti, le sfuggì detto: “Guarda, Tonino, che bei pali lisci e
dritti! Se potessimo portarli con noi, chissà quanti bei fusi ne potremmo trarre, per filare la
lana”.
“A casa, a casa”, sberciò Tonino, “lei si è ricordata di cose da donne”.
Tornarono al Palazzo molto rattristati, con i soldati alle calcagna. Il Re poveraccio non
sapeva più come rimediare a quella incresciosa situazione e si vedeva già perduto. In quel
mentre si presentò da lui Fantaghirò e gli fece mille moine chiedendogli di mandarla alla
guerra.
2
“Neanche a parlarne”, disse all’inizio il Re. “Tu sei troppo bambina. Non sono riuscite
nell’impresa le tue sorelle maggiori, come puoi pretendere che io mi fidi di te?”
“La capisco, signor padre”, rispose Fantaghirò con un sorriso, “ma che cosa le costa
mettermi alla prova? In fondo, non ci rimette niente. Vedrà che le farò onore”.
Tanto disse che il Re dovette darle retta per forza. Chiamò dunque il fido Tonino e gli
diede le stesse istruzioni di prima. Mentre i due uomini parlavano tra loro, Fantaghirò si
vestì da guerriero con tanto di spada e pistole. Pareva un bel dragone valoroso.
Insomma, per farla breve, lei e Tonino montarono a cavallo e partirono portandosi
dietro, ancora per una volta, tutto l’esercito. Passarono il canneto, passarono il bosco di
pali e la ragazza rimase muta come un pesce. Quando arrivarono al confine, ordinò ai
soldati di fermarsi e disse allo scudiero: “Tu resta qua con la nostra armata. Prima di
cominciare la guerra, voglio parlare con il nostro nemico a quattr’occhi”.
Il Re nemico era un bel giovanotto. Gli bastò dare una sola occhiata a Fantaghirò per
dire tra sé e sé: “Questo Principe non è un uomo come gli altri. Sono pronto a giurare che è
una ragazza”. Ma ad alta voce disse solo: “Venga con me, signor Principe. Voglio averla
come ospite al mio Palazzo, così potremmo conoscerci meglio e parlare un po’ delle nostre
faccende”.
Quando arrivarono al Palazzo, il Re corse da sua madre e le riferì in fretta e furia del
guerriero che comandava l’esercito avversario. Gridava quasi, preso dalla passione che
sentiva nel cuore:
Fantaghirò, persona bella,
Ha occhi neri e parole dolci,
O mamma mia, mi pare una donzella.
Disse la madre: “Portalo nella stanza delle armi. Se è veramente una donna, non le
guarderà e non vorrà certo toccarle”.
Il Re seguì quel saggio consiglio, ma con scarsi risultati. Infatti, Fantaghirò staccò le
spade dal muro e si mise a provarle una a una, maneggiandole con grande destrezza,
come avrebbe fatto un uomo. Poi prese le pistole e gli schioppi, e provò anche quelli, per
vedere come si caricavano e se sparavano a dovere.
Il re tornò dalla madre tutto trafelato, con il cuore che gli faceva tuppete tappete per la
passione, e le disse “Si è comportato da uomo. Io però sono sempre della stessa idea:
Fantaghirò, persona bella,
Ha occhi neri e parole dolci,
O mamma mia, mi pare una donzella.”
La madre ci pensò su qualche istante. Poi, commossa dalla disperazione del figlio disse:
“Invita il nostro ospite a pranzo. Se prende il pane e l’appoggia al petto per tagliarlo, è
sicuramente una donna. Se invece lo taglia tenendolo per aria è certo un uomo, e tu hai
perso la testa per niente”.
Anche quella prova andò bene per Fantaghirò. Infatti, la Principessa tagliò il
pane a mezz’aria, con un gesto da guerriero. Eppure il Re non era ancora convinto. Tornò
dunque da sua madre, tutto sconsolato, e le disse: “Ha fatto il contrario di una donna. Io,
però, sono sempre della medesima idea:
Fantaghirò, persona bella,
Ha occhi neri e parole dolci,
O mamma mia, mi pare una donzella.”
3
Disse la madre: “Mi sembri matto. Ma se hai quest’idea fissa, ti conviene fare una terza
prova. Prega il nostro ospite di trascorrere una notte nel tuo letto. Se è una ragazza, ti dirà
sicuramente di no.”
Il Re andò subito a trovare Fantaghirò e le disse: “Se vuoi farmi felice, vieni a dormire
nel mio letto”.
“Farebbe piacere anche a me, Maestà”, rispose Fantaghirò. “Se lei vuole, stasera si
dormirà assieme”.
Prima di mettersi a letto cenarono insieme. La bottiglia di vino destinata a Fantaghirò
conteneva un potente sonnifero che avrebbe dovuto far addormentare la ragazza. Ma lei,
furba, non ne bevve nemmeno un sorso.
Quando ebbero finita la cena, un attimo prima di andare a letto, disse: “Facciamo un
brindisi, prima di coricarci”. Si scambiarono un bacio, si presero a braccetto, e intanto
Fantaghirò cantava:
Bevi, su, compagno,
Sennò t’ammazzerò.
Il Re rispondeva:
Non m’ammazzare, compagno,
perché io berrò!
E intanto bevevo, senza accorgersene, dalla bottiglia che conteneva il sonnifero. Sicché,
quando arrivò in camera sua, si buttò sul letto vestito com’era. Gli bastarono pochi istanti
per addormentarsi, che russava come un animale.
Al risveglio, il mattino dopo, il Re vide Fantaghirò già in piedi, con l’uniforme da
dragone già addosso. Non avrebbe più potuto dire se era donna, o uomo. Figuratevi la
disperazione in cui cadde e la passione che gli bruciava il cuore! Gli pareva di morire per il
dispiacere. Tornò dunque dalla madre, che cominciò a sgridarlo per la sua pazzia. Lui
però insisteva a dire:
Fantaghirò, persona bella,
Ha occhi neri e parole dolci,
O mamma mia, mi pare una donzella.
A quel punto la madre aveva perso ormai quel po’ di pazienza che le restava, tuttavia
dovette arrendersi davanti alla sua fissazione. “Ti concedo un’ultima prova”, gli disse
dunque, “ma sarà proprio l’ultima. Invita Fantaghirò a fare il bagno nuda con te nella
vasca dei pesci che abbiamo in giardino. Se è donna, rifiuterà di venire, o comunque dovrà
svelare il suo segreto”.
Il Re, infatti, fece quell’invito a Fantaghirò che gli disse: “Non mi pare vero. A casa mia
sono abituata a lavarmi tutti i giorni, e ora è un bel pezzo che non entro nell’acqua. Il
bagno, comunque, dovremo farlo domani mattina. Ora non posso proprio”.
Poi, mentre il Re se ne andava tutto contento, la ragazza chiamò il fido Tonino e gli
ordinò: “Monta a cavallo e porta una lettera a mio padre. Ma raccomandagli di fare subito
a quello che gli chiedo, altrimenti sono perduta”.
Nella lettera Fantaghirò chiedeva al Re suo padre di mandarle di gran corsa un soldato
per l’indomani mattina, con il messaggio che lui era in fin di vita, e che voleva rivedere il
suo adorato figlio prima di morire.
Tonino filò di gran carriera. Il giorno dopo, le cose andarono secondo i piani. A metà
mattina Fantaghirò e il Re innamorato si incontrarono nel giardino, davanti alla vasca dei
pesci.
4
Lui non perse tempo per spogliarsi, e si tuffò nell’acqua gridando: “Butta via i vestiti, e
raggiungimi. Fa tanto caldo, un bagno è quello che ci vuole”.
Ma lei non aveva fretta. “Ho troppo caldo per bagnarmi”, diceva “e sono tutto sudato.
Prima di venire nell’acqua voglio rinfrescarmi un po’. Altrimenti mi prendo un malore”.
In realtà cercava di tirare le cose in lungo, in attesa che il messaggero di suo padre la
riportasse a casa sana e salva. Aveva un bell’aspettare, non spuntava nessuno. Intanto
però il Re continuava a chiederle di svestirsi e di entrare nella vasca con lui.
Disse Fantaghirò: “Non posso accontentarti. Ho brividi tremendi alle gambe e alle
spalle. È un brutto segno, sai. C’è qualche disgrazia nell’aria”.
“Non è nulla”, rispondeva il Re. “Spogliati e vieni nell’acqua, che qui si sta proprio
bene”.
In quel mentre sentì un rumore. Fantaghirò, tutta contenta, esclamò: “Un cavallo! Vedo
un cavallo che arriva di corsa con uno dei miei soldati in groppa”.
Un istante più tardi il soldato era davanti a lei, e le porse la lettera di suo padre.
Fantaghirò prese il messaggio e l’aprì di premura. Quando l’ebbe letta, disse al Re: “Mi
rincresce, Maestà, ma ho ricevuto delle cattive notizie. Mio padre è in punto di morte e
vuole rivedermi prima di chiudere gli occhi per sempre. Lo dicevo io che quei rividi erano
un brutto segno. Devo tornare a casa di corsa. Se vuole, facciamo la pace subito. Poi, con
suo comodo, potrà venirmi a trovare le mio regno. Il bagno lo faremo un’altra volta”.
Figuratevi voi la disperazione del Re. Era più che mai convinto che Fantaghirò fosse
una donna, e moriva dalla passione. Ma dovette adattarsi al suo crudele destino, e lasciarla
partire senza avere la prova definitiva dei suoi sospetti.
Comunque, prima di partire, Fantaghirò passò per la camera in cui aveva dormito e
mise sul letto un foglio sul quale aveva scritto:
Fantaghirò
Donna è venuta e donna se ne va,
Ma il Re conosciuta non l’ha.
Il mattino seguente, quando il Re andò in quella camera per vedere almeno il letto in
cui il suo misterioso ospite aveva dormito, trovò il messaggio sul letto e rimase di sasso,
tra il dispiacere e l’allegria. Poi corse dalla madre. “Mamma, mamma, avevo ragione io!
Fantaghirò è donna. Ecco il foglio che ha scritto lei stessa, con le sue mani”. E senza
nemmeno aspettare la risposta di sua madre, fece attaccare la carrozza e si mise di gran
carriera sulle tracce di Fantaghirò.
La principessa, intanto, era alla presenza di suo padre e gli riferiva delle cose che erano
successe in quei giorni e come aveva fatto pace con il nemico senza combattere nemmeno
una battaglia. Non aveva ancora finito il suo racconto, che sentì un gran rumore nel cortile.
Era il Re innamorato, che arrivava più veloce di un lampo per rivedere la donna che
amava. Parlarono fitto per un bel po’. La conclusione fu che avendo fatto la pace tra i due
regni, Fantaghirò poteva anche sposare il suo innamorato senza più problemi.
Detto fatto, il giovane Re la portò nel suo Palazzo, dove lui e la sua sposa vissero felici
e contenti per molti anni. Con il tempo, Fantaghirò fu nominata erede di suo padre, e
diventò Regina dei due regni.


Italo Calvino
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Iscritto il: 31/10/2011, 19:40

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