L'ago

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L'ago

Messaggiodi demon black » 08/09/2010, 14:48

FAVOLA

C’era una volta un ago da stuoie, era convinto d’essere sottile, che per poco non si credeva un ago da cucire.
- Attenzione a tenermi stretto! – disse alle dita che lo tirarono fuori. – Non lasciatemi cadere, altrimenti, per terra, sarà ben difficile trovarmi, sono così sottile!…
- Andrà come andrà! – risposero le dita, e presero l’ago a mezzo corpo.
- Ammirate, eh! Ora salgo su con il mio bravo seguito! – disse l’ago da stuoie, e si tirò dietro una lunga gugliata, ma nel filo non c’era nodo.
Le dita infilarono l’ago proprio nella babbuccia della cuoca, perché la parte superiore della ciabatta era scoppiata e bisognava darvi due punti.
- E’ un lavoro troppo grezzo – disse l’ago da stuoie – non ne verrò mai a capo! Mi spezzo! Mi spezzo!
E si ruppe davvero.
- Ve l’ ho detto! – esclamò – Sono troppo sottile, troppo fino!
- Ora, non è più buono a nulla! – esclamarono le dita, ma lo tennero stretto ancora un po’, perché la cuoca vi fece cadere delle gocce di cera lacca, e se ne servi come spilla per lo scialle.
- Sono diventato uno spillo da signora! – disse l’ago da stuoie – immaginavo che avrei fatto carriera! Quando si crede in se stessi si giunge sempre!
E sorrise pian pianino, tra se, ma non si può mai vedere quando gli aghi ridono. Se ne stava, lì fiero al suo nuovo posto come se conducesse un tiro a quattro e si guardava intorno.
- Permettete una domanda: siete d’oro? – chiese l’ago allo spillo suo vicino.
– Fate una splendida figura, si vede che avete testa, anche se siete piccolo. Bisogna che cerchiate di crescere; non a tutti capita la fortuna che la cera lacca piova sul capo!
L’ago da stuoie alzò la testa con tanta boria, che cadde fuori dallo scialle, e finì proprio dentro l’acquaio, dove la cuoca stava pulendo.
- Eccomi, partito per un nuovo viaggio! – disse l’ago – speriamo che non mi perda …
E infatti andò perduto.
- Sono troppo sottile per questo mondo! – pensava, mentre era in fondo allo scarico. – Ma almeno so chi sono, ed è una consolazione.
Così l’ago mise da parte i suoi modo superbi, e non perdette il buon umore. Sopra di lui galleggiavano oggetti di tutti i tipi, fuscelli di paglia, vecchi giornali, cenci …
- Ma guarda come galleggiano! – esclamava l’ago – loro non sanno chi è qui sotto! Ed io sono qui, e resto fermo. Ecco, una pezza che passa, in tutto il mondo trovar altro di meglio a cui pensare che se stesso … una pezza! Un pezzetto di paglia … come gira! E rigira … intorno a se stessa!… pensa a qualcos’altro, piccola! Non avere occhi solo per te stessa o andrai a battere contro qualche pietra … Un pezzetto di giornale che nuota . quello che c’è scritto sopra è bel dimenticato da tutti, e pure si dà certe arie di importanza! Solo io sono qui tranquillo, e paziente. Perché so chi sono, e tale rimango!
Ma un giorno, gli si posò qualcosa accanto, che luccicava, l’ago lo credette un diamante, ma, non era altro che un pezzetto di vetro di una bottiglia rotta. Ma luccicava … l’ago gli rivolse la parola, e si presentò come spillo da cravatta.
- Immagino che voi siete un diamante….
- Si, qualcosa di simile.
Ognuno dei due credeva che l’altro fosse un oggetto di gran valore, ed iniziarono a parlare di quanta arroganza c’era in giro.
- Abitavo in una scatola di una signora – narrò l’ago – Questa signora era la cuoca, e aveva cinque dita per ogni mano, e non ho veduto mai tanta boria come in quelle dita, nell’adoperarmi, per tirarmi fuori dalla scatola e nel ripormi, non c’erano che loro.
- Almeno erano di buona famiglia? Ma eccellevano in qualche virtù? … - chiese il fondo di bottiglia.
- Che cosa? – esclamò l’ago. – Ma avevano una alterigia … erano dieci fratelli, tutti appartenenti alla famiglia delle dita, ed erano molti uniti fra loro, sebbene fossero di altezza diversa, il signor Pollice, il maggiore, era grasso e piccolo; aveva un solo movimento nella schiena e sapeva fare solo un inchino, e sosteneva che senza di lui nella mano, l’uomo non poteva andare in guerra. Il secondo il signor Leccapiatti, si infilava in tutto, nell’amaro e nel dolce, indicava persino il sole e la luna, e imponeva le sue impressioni quando si scriveva. Il signor Lungo, il terzo, vedeva tutti dall’alto e dal basso. Il quarto Fasciadoro, si vantava perché aveva una cintura dorata stretta alla vita. Il quinto Pierino Balocchino, non aveva nulla da fare tutto il giorno ma era un vanitoso, in quella famiglia non si udivano altro, per questo sono andato via.
- Ed ora, siamo qui che brilliamo! – disse il fondo di bottiglia.
In quel momento, entrò più acqua del solito tanto che il fondo di bottiglia fu trasportato via dalla corrente.
- Lui ha trovato la sua strada – disse l’ago. – Io resto qui sono troppo sottile. Ma è il mio orgoglio.
E restava lì pensieroso. “ Posso affermare d’essere nato da un raggio di sole, per quanto sono sottile! Tanto che mi pare che i raggi del sole cerchino me, sott’acqua. Sono così sottile, che neanche mia madre riesce a trovarmi! Se avessi ancora il mio vecchio occhio, quello che si è rotto piangerei … no … non lo farei … piangere non è da persone sottili.
Ma un giorno, due bambini gettati per terra, esploravano nella fogna, dove molte alte volte avevano trovato soldini, vecchi chiodi ed altri tesori.
- Ahi! … - grido un bambino, che si era punto con l’ago. – Ecco ho trovato un affare per te!
- Non sono una cosa, sono un signore! – disse l’ago.
Ma i bambini non l’ascoltarono. La cera lacca si era staccata e lui era diventato nero, ma il nero snellisce, ed egli si sentiva ancora più sottile.
- Guarda un guscio d’uovo, che naviga! – esclamarono i ragazzi, e appuntarono l’ago in mezzo al guscio d’uovo.
- Le pareti bianche dell’uovo fanno notare la veste nera. Così va meglio! – disse l’ago felice. – Così mi noto! Speriamo che non soffra il mal di mare!
Ma non lo soffrì neanche per un attimo.
- Contro il mal di mare ci vuole uno stomaco d’acciaio e la certezza di avere qualcosa in più degli altri. Così non si soffre e più si è persone sottili, si è più resistenti.
Ma il guscio d’uovo fece “ Crac”, perché un barattolo che passava di lì l’aveva urtato.
- Santo Cielo! Come si rimane delusi! – esclamò l’ago – Ora sì che avrò il mal di mare … mi rompo … mi rompo!
Ma non si ruppe, sebbene una ruota di bicicletta gli passasse sopra. Rimase lì disteso, per molto tempo.





di Hans Christian Andersen
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