La mamma cattiva

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La mamma cattiva

Messaggiodi demon black » 08/09/2010, 14:53

FIABA

A questo mondo accadono molte cose, e qualche volta ci sentiamo raccontare qualcosa che non riusciamo a credere. Tuttavia tra tutto quello che sentiamo dire ci sono molte cose che dovremmo credere; io faccio così: le credo tutte, piuttosto che andare a vedere se sono vere oppure no.

Si racconta dunque che c'era una volta una donna tanto bella, ma tanto bella, che una più bella era impossibile trovarla. E per via della sua bellezza era molto altezzosa. D'altra parte, come darle torto?
Il suo volto era più bianco della neve, ma sfumava nel rosso; gli occhi erano più neri delle more mature, ma lanciavano scintille; e i capelli - Dio santo! - a che cosa li potrei paragonare? Erano come un pennacchio di seta nera che sfavillava e cadevano giù sulle spalle formando migliaia di anelli, alcuni più grandi, altri più piccoli; la sua boccuccia, avresti pensato che fosse una ciliegia spaccata in due; il collo, le mani, i piedi e tutto il corpo erano così belli, che vantarsi di aver visto una bellezza del genere è un fatto assai raro.
Lei sapeva bene che la gente la ammirava per la sua bellezza e proprio di ciò andava molto orgogliosa, tanto che ogni mattina usciva di casa all'alba e chiedeva:
«O sole risplendente dimmi tu chiaramente dimmi sinceramente: hai tu veduto mai, mentre in giro ten vai, faccia pari alla mia? Una faccia di donna altrettanto piacente? Una faccia di sposa altrettanto armoniosa?»
Il sole la stava a guardare per un attimo, pensava un po' e le rispondeva:
«Ho girato molto per il mondo, ho visto molte donne belle, ma più bella di te non ce n'è nessuna, tranne tua figlia ».
Cosi la donna interrogava il sole, e il sole le rispondeva sempre allo stesso modo, sicché pian piano scomparve l'amore materno che questa donna aveva per la propria figliola. Giorno e notte pensava al modo per poterla annientare. Non riusciva a dormire, non trovava nessun gusto nel cibo e nella bevanda, non le piaceva più niente; aveva un unico desiderio: di non avere più quella ragazza, o almeno che non fosse così bella.
Una notte ebbe una gran febbre, mal di capo e pulsazioni di cuore. Senza attendere l'arrivo dell'alba, chiamò il servo e gli disse:
«Toader, conduci la ragazza da qualche parte e non riportarmela più a casa; portami solo il suo cuore e il dito mignolo, hai capito?».
«Ho capito, padrona.»
Il servo andò con la ragazza, finché arrivarono a un gran bosco; là egli le disse quale ordine avesse ricevuto dalla sua padrona. Allora la ragazza cominciò a piangere e a pregarlo:
«Sii buono, non togliermi la vita, perché non è colpa mia se Dio mi ha fatta più bella di mia madre. Tagliami pure il mignolo, ma il cuore non levarmelo dal petto; prendi quello del cagnolino che viene con noi, portalo alla mamma e dille che è il mio. Io a casa non ci tornerò più».
Il servo si rivelò assai più umano della madre: uccise il cagnolino, gli prese il cuore, tagliò il mignolo della ragazza e ritornò a casa dalla sua padrona.
La ragazza pensò che era meglio rimanere nel bosco: meglio essere divorata dalle belve, che essere uccisa dagli uomini.
Cercò dunque di farsi coraggio e si mise a cantare; e cantando continuò a camminare nelle tenebre del bosco. A un certo punto si ferma. Vede davanti a sè un palazzo, più bello di quello dell'imperatore.
«Di chi sarà mai? Un palazzo così bello nel cuore del bosco? Sia di chi sia», dice tra sé e sé «io entro, ché certo non mi mangeranno i signori del palazzo.»
La ragazza entra nel palazzo, guarda in tutti gli angoli, ma non scorge nessuno. Infine, vedendo che nel palazzo non c'è anima viva e considerando che le stanze non sono del tutto vuote, crede che sia bene pulirle come si deve; può darsi che la massaia del palazzo sia morta e che gli uomini non siano in grado di fare i lavori femminili .
E così la ragazza va ad attingere acqua, spazza e lava i pavimenti, toglie la polvere dalle sedie e dalle tavole, poi si ficca dietro il forno, perché gli abitanti del palazzo non la vedano.
Non passa molto tempo, che arrivano i giganti, perché il palazzo era loro. Dio, come furono contenti quando videro le stanze ben rassettate, così belle che sembrava aspettassero i pretendenti. E cominciarono a domandarsi chi mai poteva aver fatto quel bel lavoro, mentre loro erano a caccia.
Uno di loro disse che poteva essere stata soltanto la loro mamma o la loro sorella. E, cercando, la trovarono e la chiamarono "la loro sorella".
Il giorno dopo la donna superba si presentò al sole e gli chiese nuovamente se c'era al mondo una donna più bella di lei. Il sole non restò a parlare con lei, ma continuando per la sua strada le rispose:
«Fosti bella quando fosti, ma ora vali molto poco. Sei stata la più bella delle donne, ma adesso sei la più brutta. Hai pensato di disfarti di tua figlia, perché nessuno potesse superarti in bellezza. Ma ti sei sbagliata di grosso, scellerata che non sei altro, perché lei è ancora viva ed è molto più bella di te, anzi, adesso è nel palazzo dei giganti».
Il mattino seguente, la donna superba si mise in viaggio e camminò finché non giunse al palazzo dei giganti. Là si sedette accanto alla porta e cominciò a lamentarsi, a piangere e a sospirare.
«Sii buona, figlia mia, non lasciarmi qui davanti alla tua porta ma fammi entrare! Altrimenti, apri un pochino la porta, ch'io ti possa vedere per l'ultima volta! Poi, non mi importa se morirò.»
La ragazza aprì un poco la porta, ma sua madre le si avventò contro come una dragonessa ficcandole il dito in bocca e facendola cadere a terra morta. Poi la madre ritornò a casa.
Quando i giganti ritornarono a casa dalla caccia, la trovarono morta. La piansero e si lamentarono a lungo, come una loro sorella. Infine le fabbricarono una bara d'oro e la collocarono sulla cima di un sicomoro, affinché il vento la cullasse e gli uomini la vedessero e si meravigliassero del cuore indemoniato dÌ sua madre.
E i venti la cullavano per tutta la giornata, insieme con le fronde del sicomoro; e la gente la vedeva e si meravigliava dicendo che una ragazza così bella il sole non l'aveva mai veduta; altri ancora si facevano il segno della croce e dicevano:
«Signore, proteggici dalla follia! Il diavolo ha spinto quella madre a uccidere sua figlia! E che figlia! Ah, cervello delle donne, quando mai funzionerai per il verso giusto?».
La donna superba, l'assassina di sua figlia, si presentò di nuovo al sole e gli chiese:
«O sole risplendente dimmi tu chiaramente, dimmi sinceramente: hai tu veduto mai, mentre in giro ten vai una faccia leggiadra bella come la mia?»
E il sole: «Sparisci, pazza! Sparisci, maledetta ignobile, miserabile! Di folli e miserabili ne ho viste parecchie, ma una come te non saprei dove trovarla, nemmeno se la cercassi anche di notte, e non solo di giorno, secondo la mia abitudine. Ignobile che non sei altro! Ammazzare la propria figliola, perché si è fatta più bella di lei! Ma non lo sapevi, balorda, che Dio ha voluto che i giovani fossero più belli dei vecchi, e che i vecchi fossero più assennati dei giovani?».
La notizia di questo fatto si diffuse dappertutto; e così la venne a sapere anche il figlio dell'Imperatore, il quale andò subito in quel luogo e pregò i giganti che gli permettessero di farla scendere giù di là.
Dopo molte preghiere, i giganti acconsentirono.
Il figlio dell'Imperatore fece scendere la ragazza dal sicomoro giocò con lei come se fosse stata viva. Per caso, solo Dio sa come la colpì sul capo; subito il dito le saltò fuori dalla gola e la ragazza resuscitò.
Vi potete immaginare la gioia dei giganti e del figlio dell'Imperatore; tutti la coprivano di baci.
Poi il figlio dell'Imperatore la prese con sé e se la portò a casa, nel palazzo imperiale, dove si sposarono e celebrarono uno sposalizio grandioso, come lo possono fare solo gl'imperatori.
E, se non sono morti, sono ancora vivi Si dice che sua madre impazzì per la rabbia, quando venne a sapere che la ragazza era diventata imperatrice.

E io dico che fu la ricompensa per il cuore malvagio di quella madre.





Fiaba Romena
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